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Velista italiano ucciso ai Caraibi: Venezuela "off limits" per le barche


10-02-2004

Dopo l'attacco del "penero" e l'uccisione di Bruno Bianchella, ai Caraibi c'è allarme perché a Sud di Grenada e al largo della costa venezuelana non è più possibile navigare in sicurezza.

Velista italiano ucciso ai Caraibi: Venezuela "off limits" per le barche
28 GENNAIO/IL FATTO - Bruno Bianchella insieme a due amici, Daniele Fusco e Lidio Bianchetti, aveva preso a noleggio un catamarano a Tobago per una crociera nelle isole venezuelane. Lo scalo era previsto nei pressi di Caracas da dove il 3 febbraio avrebbero dovuto prendere l'aereo per il rientro in Italia. Il 28 gennaio Bianchella e i suoi amici navigano alla volta dell'isola Margarita. Si trovano a 30 miglia dalle isole Testigos (posizione 11° 42' Nord - 62° 39' Ovest), a 60 miglia dalla terraferma. Il loro catamarano viene accostato da una lancia aperta di circa 10 metri (il classico "penero" venezuelano) spinta da due potenti fiuoribordo. Sul penero c'erano 7-8 persone armate. «Sembra che le armi in loro possesso - spiegano Rita ed Enzo Russo, due velisti che conoscono bene i Caraibi e autori di una guida alla navigazione in quelle acque - erano non solo pistole ma addirittura fucili a pompa e mitragliette. Sono situazione che ricorrono in molti dei precedenti attacchi a barche a vela avvenuti da un po' di tempo lungo la costa Est del Venezuela». Da bordo del catamarano sentono il frastuono dei motori e Bruno Bianchella si sporge all'esterno per vedere. Il quel momento gli uomini del penero sparano delle raffiche d'intimidazione colpendo Bianchella alla testa. Praticamente il velista di Falconara muore sul colpo. I "pirati" s'impadroniscono del catamarano e, senza smettere di sparare in aria, intimano a Fusco di scendere sottocoperta e dare loro tutti gli oggetti di valore. Una volta fattisi consegnare orologi, cellulari e denaro gli uomini si allontanano rapidamente. Daniele Fusco e Lidio Bianchetti terrorizzati lanciano l'allarme ma a quella distanza dalla costa nessuno riesce a portare soccorso. Bruno era ormai morto e i suoi amici devono navigare ancora per quasi una giornata prima di raggiungere Port La Mar dove denunciano il fatto alla polizia. «È da qualche anno - spiegano Rita ed Enzo Russo - che la sicurezza in Venezuela è peggiorata. Negli ultimi tre anni i casi di aggressioni a imbarcazioni in navigazione sono drammaticamente aumentati. L'area maggiormente colpita, finora, era la costa fra Carupano e Trinidad, cioè l'oriente venezuelano (una delle zone più povere del paese). Due anni fa una delegazione di proprietari di yacht aveva chiesto alle autorità venezuelane d'intensificare la vigilanza. La risposta era stata che la Guardia Costiera venezuelana non era in grado di garantire la sicurezza della navigazione, e suggeriva alle imbarcazioni di navigare in flottiglia». «La maggioranza dei diportisti - continuano i Russo - per sentirsi più sicuri avevano cominciato a by-passare quella zona, stando ben al largo e puntando direttamente sulle isole esterne. Purtroppo il fatto avvenuto il 28 gennaio dimostra che anche quella strategia è ormai superata. Il catamarano con a bordo i tre italiani è stato attaccato a oltre 60 miglia dalla terraferma. Questo, se da un lato fa pensare a un atto anomalo, dall'altro le descrizioni della barca, il classico penero venezuelano, sono dati che ricorrono in molti dei precedenti attacchi avvenuti lungo la costa Est del Venezuela». La situazione politico-economica del Venezuela per il momento non fa ben sperare in un cambiamento. Per cui, almeno nel breve periodo, non si può che dichiarare "off-limits" quel tratto di mare, creando così non pochi problemi per le barche in rotta verso Ovest e verso Panama. Tutti i net radio della zona, che collegano le barche a vela stabilmente ai Caraibi, hanno dedicato ampio spazio al tragico avvenimento contribuendo a propagare un allarme fra la barche in giro nel Mar dei Caraibi.

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